No – i giorni dell’arcobaleno

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Larraín chiude la sua trilogia sul Cile (i precedenti erano Tony Manero e Post Mortem) con questo film, storico, ma più che storico autobiografico, poiché racconta un periodo vitale per tutta la sua nazione: il 1988, anno in cui, sulla scia del distendimento dell’allineamento bipolare mondiale, il Cile si sottopose al referendum nazionale che pose fine alla dittatura di Pinochet. Più precisamente si racconta l’importanza del medium televisivo nella questione, grazie ai 15 minuti di spot giornalieri accordati alla fazione per il NO (che avrebbe significato l’abrogazione del potere dittatoriale del generale), che, curati con attenzione e senza troppa drammaticità, permisero ciò che sembrava impossibile, la scelta finalmente democratica.

Post Mortem raccontava il Golpe del 1973, e lo raccontava direttamente dagli obitori straripanti di cadaveri, questo è la via d’uscita, la rinascita, la speranza dei colori, simbolo di quella campagna arcobaleno.

Interessante la scelta fotografica del viraggio particolare che rende l’illusione di un girato in video, forse dovuta anche all’inserzione di numorose scene di repertorio tra cui la stessa pubblicità su cui s’impernia l’intero film: una metafora, forse, di un’intero compromesso, quello che la sinistra dovette ‘subire’ per vincere il referendum, vendere la democrazia come un prodotto e non come un ideale, parlare con lo stesso linguaggio americanizzante di chi la dittatura l’aveva imposta vent’anni prima. Così allo stesso modo Larrain compromette le sue immagini rendendole simili a quelle televisive, mantenendo tuttavia uno stile totalmente antitetico a quello pubblicitario, un modo di muovere la macchina veramente gigantico.

Gael Garcia Bernal, protagonista assoluto, regista dello spot, se la cava benissimo in un ruolo che gli è perfettamente cucito addosso; ottima anche Antonia Zegers (già vista, con Alfredo Castro, nel precedente film).

Il grande limite del film è, a mio parere, la sceneggiatura che, per quanto condita di dialoghi gustosi, soffre un tantino di didascalismo nel respiro generale, un’apprensione costante agli eventi che non lascia troppo spazio alla riflessione dello spettatore, cosa che invece, a mio parere, per un film così merita molto più spazio; non si pone molta attenzione al rispetto del climax che viene velocemente sciolto, dopo averlo molto fomentato durante la prima parte. Un po’ di sbilanciamenti, dunque, dal punto di vista narrativo, ma Larrain si riconferma un genio nella gestione del suo spazio filmico, che gli è infatti valso una candidatura all’Oscar come migliore film straniero, quest’anno. La prima per il Cile e per un cineasta che ha molto da dare.

3 thoughts on “No – i giorni dell’arcobaleno

  1. Un film molto gradevole, effettivamente perfetto per il protagonista. Cercherò di recuperare i precedenti film di Larrain, molto interessante.

    Sarebbe da far vedere a qualche capoccia del PD…

  2. Pingback: 49° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro | Irene watches

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